Prefazione di Pamela Pinto

Avete mai immaginato di andare a lezione da Chopin? Preparatevi a farlo perché non c’è peso più grande che regga quello della fantasia! Una fantasia che viaggia nei meandri più profondi dell’anima, nei nostri dubbi, nelle nostre perplessità. Preparatevi a vivere una “favola” che spazia tra le righe lette e non lette della nostra mente, spoglia di ogni vanità e orgoglio.

Sì, perché l’arma più potente che possa avere la musica è il dono del viaggio, la capacità di far viaggiare l’ascoltatore nell’immaginazione, di creare una storia vera, la nostra storia, tra strade facili, già percorse, e vie buie, sconosciute, tra percorsi dissestati, buche e ponti da rifare. Un viaggio in grado di farci aprire la porta di una stanza nascosta, una stanza che scegliamo per abbandonarci e sentirci liberi di vivere la nostra vita, senza ostacoli e costrizioni, con la nostra unica fantasia, quella fantasia che fa perdere la cognizione della realtà, ma non l’obiettivo, per poi ritrovarla, quella che ci fa chiedere: dove mi trovo? Che sto facendo? Voglio andare lì, ne sono certo.

Chi non ha mai desiderato di essere risucchiato in un bel sogno, in un film denso di mistero, in un libro avvincente, quasi come accadde al ragazzino Bastian che varcava le soglie del regno di Fantàsia entrando nei sussurri di quel volume “strano” La storia infinita?

Nessun Falkor come compagno di viaggio, ma, tra realtà ed immaginazione, tra documenti e fantasia, queste pagine sembrano presentarsi sotto forma di saggio allegorico-didattico, un saggio destinato a giovani pianisti “curiosi”. Per questo troverete un linguaggio semplice, familiare, veloce, immediato, che non manca di poesia: per chi conosce bene l’autore ed il suo rapportarsi con i ragazzi, sembrerà quasi di sentirlo parlare.

E non c’è neppure Dante con Virgilio o la sua Beatrice, così come, a volte, leggendo incipit quali “Quel giorno […] in quel tempo” la sensazione di apprestarsi a leggere la Bibbia non è poi tanto lontana. E spesso parole come Arte, Pianoforte, Amico, Musica sono indicate in maiuscolo quasi a voler essere personificate, così come San Francesco fece con la “Madre Terra che ci nutre e ci governa”.

Amare la musica vuol dire conoscere, coltivare se stessi e prendersene cura. Significa sentirsi parte del tutto. Essere pianisti aggiunge la conoscenza profonda di se stessi, uno studio costante nel tempo e nello spazio.

“Mente, cuore, mano” di Mozart riecheggiano tra le righe di chi vive di musica e per la musica, di chi non solo parla, ma parla perché sa fare ed ha approfondito, di chi continua a porsi continue domande e vive secondo degli ideali molto forti. Senza alcun dubbio, emerge uno spiccato senso di gratitudine nei confronti di Chopin, non meno ammirazione per Arrau: “il Maestro”. Non un maestro qualsiasi. Un maestro “da manuale”, un manuale spirituale.

Parlare al passato implica un “risveglio”, ne diventa testimonianza il racconto, la “chiave” per vivere al meglio il presente e risolvere i suoi problemi, probabilmente una sorta di razionalizzazione di “ciò che è” e di “ciò che accade”. A volte potrebbe persino capitare, leggendo, di immaginare nella vostra mano l’orologio del Bianconiglio di Lewis Carroll e lui che corre, insieme a voi, senza sosta, per chiedervi: “forse il Maestro intendeva questo? O quello? Oddio!” – panico.

E, quando sembrerà sparire attraverso una porta piccola, sempre più piccola, inaspettatamente riapparirà: è lui: il tempo. Potrà farvi entrare in un attimo, contemporaneamente, nella mente di tutti, in quella dell’allievo, in quella di Chopin, potrà farvi sentire ora più grandi, ora più piccoli, esattamente come Alice, e indurvi a rischiare di non sapere più da che parte stare, travolti in un “magma continuo” eraclitiano, in un’alternanza tra presente e passato, tra citazioni reali e particolari riflessioni: dove sono? Sto sbagliando? Dove vado adesso? Cosa voglio?

D’altra parte, a volte, tornando alla realtà, non sarà difficile chiedervi: Luisi è dentro o fuori il racconto? È il maestro che è adesso? È l’allievo che è stato? Ma presto vi accorgerete che poco importa: probabilmente è tutto questo. La verità, riprendendo Montaigne, sta nel mezzo. Forse. O, molto più semplicemente, nella testa.